“Anche il rumore prodotto dalla macchina da stampa, ognuna aveva un rumore diverso, era motivo per evadere”
Eleonora è tipografa ed è conosciuta nel Trastevere per organizzare mostre varie nel suo SPAZIOGRARO. Raccontaci qualcosa di te e delle tue passioni.
Non è facile parlare di se stessi. Se dovessi fare il ritratto di me stessa farei il ritratto di una bambina imbronciata e testarda.
Essendo la primogenita sono stata educata in un ruolo che andava oltre la mia reale percezione dei doveri e incombenze a cui venivo chiamata a rispondere e questo nel tempo ha creato una grande insicurezza e timidezza che si esprimeva in una istintiva ribellione. Diverso era il mio comportamento con i compagni di gioco. Essendo una bambina forte e più alta dei miei coetanei mi imponevo con i miei giochi inventati diventandone la capo banda.
Nell’adolescenza questi due aspetti che mi caratterizzano hanno preso dimensioni diverse. La timidezza ha alimentato il mio carattere introverso che trovava una sua espressione e liberazione soltanto quando leggevo o disegnavo, mentre la mia fisicità aveva creato una sorta di complesso d’inferiorità nei confronti delle mie coetanee di statura normale ovvero la maggior parte delle ragazze, mentre sollecitavano l’interesse dei miei coetanei mettendomi in grande imbarazzo.
Queste due caratteristiche: l’una intimistica e l’altra esteriore hanno rappresentato, secondo me, lo zoccolo duro su cui si è sviluppata la visione della mia vita.
Una continua ricerca dell’equilibrio attraverso la bellezza e la fantasia e la dura opposizione verso le battaglie che la vita ti “regala”.
Oggi nel momento in cui gran parte della mia vita è stata consumata quello che posso dire con certezza è che sono tornata a inventare giochi come facevo da bambina. Allora il palcoscenico era la strada oggi è SPAZIOGRARO dove invito gli amici creativi a esprimersi attraverso un tema o un progetto. Questo spazio è molto significativo anche perché è stato come essere tornati a casa facendo parte della tipografia da me guidata per circa 25 anni.
Tutto accadde nel 1968. La tipografia era il mondo di mio padre non mio che avevo altri orizzonti, non ben definiti, ma dove vagavo con le mie fantasie, i miei sogni segreti. Ma la vita spesso sceglie per te e purtroppo la mia fu da lei scelta portandosi via mio padre: io avevo 25 anni.
I sogni scomparvero e la mia realtà divenne il sogno di mio padre. Proseguire la sua attività fu per me una scelta obbligata per amore filiale e per necessità familiare.
Il ruolo che mi aspettava e di cui ero stata investita proprio da mio padre, diventò la sfida della mia vita dentro cui si sviluppò tutto il mio sapere umano.
L’inizio fu sconvolgente per una ragazza timida ed introversa. Il mio ruolo complesso era ancor più difficile da esercitare in quanto, nel mondo tipografico in cui mio padre era conosciuto e stimato, sapevano della mia inesperienza ed in più c’era l’aggravante che ad esserne il successore fosse una figlia e non un figlio. Le donne nelle aziende di questo tipo erano subordinate alla figura maschile che ne garantiva la professionalità. Fu così che l’azienda vide la fuga di clienti e fornitori e degli stessi operai.
A questo punto vennero coinvolti nell’impresa mia madre e mio fratello minore.
Il mondo fuori le mura della tipografia manifestava spesso la sua violenza (erano gli Anni di Piombo), e la mia quotidiana battaglia per il riconoscimento del mio ruolo e lavoro in un ambiente paternalistico e maschilista, mentre, all’interno si combatteva una battaglia di sopravvivenza.
Il mondo dell’Arte della Stampa viveva una nuova evoluzione e non finivi mai d’imparare: si affacciavano nuove tecniche di stampa.
Il mondo della tipografia, nel nostro immaginario, è legato ai libri, alla carta, agli odori degli inchiostri, al suono ripetitivo dei macchinari…Anche questo è musica!
Per fortuna la mia creatività e fantasia, mi aiutava nei momenti di grande stress e il mio ambiente di lavoro mi dava spunti a non finire: scarti di retini fotografici o rifili di carta erano gli strumenti per creare delle composizioni, oppure spulciare tra i fogli prova di stampa (chiamate in gergo tipografico “cartacce”) per scegliere quelle che mi davano emozioni per sovrapposizioni di colori, immagini, testi che formavano una texture casuale e irripetibile.
Erano i miei momenti intimi e personali che mi aiutavano a riprendere un poco di leggerezza, energia e libertà.. Era come tornare la bambina che correva libera nei prati a capo di una banda di ragazzini. Anche il rumore prodotto dalla macchina da stampa, ognuna aveva un rumore diverso, era motivo per evadere. Mi concentravo su quella che con un ritmo ripetitivo componesse la musica dietro cui liberavo il mio corpo inventandomi un ballo. Naturalmente questo accadeva mentre ero chiusa nel mio ufficetto lontano da sguardi indiscreti.
La tua creatività nasce sicuramente dal tuo bisogno costante di essere curiosa, di fare ricerca, di stupirti…
Con il tempo il nostro impegno e la nostra determinazione conseguì il risultato ambito. Avevo preteso da me stessa e da mio fratello un impegno che andava oltre il mestiere che ci avrebbe portato a “campare”, Spinta dalle difficoltà che vivevo per il mio essere femmina, volevo portare l’azienda ad una qualità di stampa e dei servizi tra le più alte fornita dal mercato romano.
Impegno portato a termine e ancora presente.
Alla fine del 1988 inaugurai una nuova attività che vedeva come protagonista la carta. Questa volta il mio progetto ero supportato non da mio fratello ma dal mio compagno di vita, stimato graphic designer, Sergio Salaroli. Si chiamava Lunadicarta ed era una fucina di creatività e progetti di prodotti a cui tutti potevano partecipare dai bambini ai professionisti dagli artisti agli architetti. I prodotti scelti venivano realizzati esclusivamente con la carta e commercializzati. Nel 1992 lasciai la tipografia nelle mani di mio fratello.
Quelli di Lunadicarta furono anni di grande fermento creativo, dove imparai a vendere non più un servizio come avevo fatto per la tipografia ma un prodotto finito, cercando d’individuarne l’acquirente o il settore commerciale ideale e non era così facile in quanto ciò che proponevo, né a Roma né in Italia, allora, era culturalmente accettato. Ancora una volta vivevo una sfida diffondendo e sollecitando curiosità intorno ad un materiale considerato povero e fragile. Il mio lavoro di sensibilizzazione attraverso mostre e mercati specifici, finì con interessare i media fino ad essere invitata in una trasmissione televisiva. Dopo otto anni di lavoro dovetti abbandonare per ragioni di salute molto gravi, ma sono spesso gratificata dal ricordo ancora vivo di Lunadicarta nel rione di Trastevere.
Parliamo inevitabilmente di chiusura, di lockdown…come vivi queste restrizioni? La fantasia è un’ottima compensazione nei momenti di difficoltà,anzi resistere e creare camminano in parallelo.Ti possiamo dunque già immaginare cogitando qualche progetto?
Tornando all’oggi, questo periodo di pandemia non mi ha particolarmente sconvolto anche se ci sono momenti di smarrimento, ho reagito nel modo più semplice e consono possibile, ovvero, non potendo ospitare nel mio laboratorio SPAZIOGRARO eventi di alcun genere, mi sono organizzata in casa per realizzare i miei lavori e non solo.
Nel primo lockdown ho ripreso una vecchia e dimenticata “mania” che avevo da adolescente, disegnare ritratti, i miei modelli di allora erano i personaggi del cinema o dei fumetti. Ho, quindi, ripreso carta e matita e andando sui social degli amici più vicini da una loro foto ho ricavato il ritratto che ho poi donato.
Dopo è stato il momento dei gioielli di carta, ne ho realizzati un bel numero. Inoltre sono stata invitata a partecipare ad un concorso creativo sul soggetto della mascherina che mi ha molto divertita. Ora è il momento delle rose, in attesa del mese di maggio a loro dedicato sperando che si possa agire un pochino di più.
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Intervista a: Eleonora Iori
Laurence Jeantet