Charles de Brosses: un Francese enciclopedico alla scoperta dei salotti in Italia
Il 16 luglio 1739 Charles De Brosses scrive la lettera VIII indirizzata a Jacques-Philippe Fyot de Neuilly (1702-1774), consigliere al Parlamento di Borgogna nel 1722, quindi “collega”, se così possiamo dire, del consigliere De Brosses. E’ una “Memoria su Milano” molto densa di descrizioni di monumenti, palazzi e chiese, a cominciare dal Duomo, che descrive ironizzando sul fatto che presso “gli italiani, i superlativi si sprecano”: “Da tanto tempo sento predicare inaudite meraviglie di questo famoso duomo, o cattedrale di Milano, la cui facciata è la cosa più stupenda, la più maravigliosa, che, appena arrivato, non potevo far di meglio di precipitarmi a contemplarlo” (De Brosses, Viaggio in Italia, Laterza 1972, p. 54)
Ma noi non seguiremo De Brosses in giro per la città, bensì lo accompagneremo ad un importante appuntamento salottiero che anticipa in questa stessa “Memoria” del 16 luglio, dopo aver visitato la biblioteca Ambrosiana e la biblioteca del Gesuiti: “Stasera andrà peggio: dobbiamo avere una riunione con la signora Agnesi, che ha vent’anni, è una poliglotta ambulante e, non contenta di conoscere tutte le lingue orientali, si è anche messa in mente di sostenere tesi contro chicchessia su qualsivoglia scienza, a guisa di Pico della Mirandola. Lo giuro! Ho proprio voglia di non andarci. Quella per me ne sa troppo. La nostra àncora di salvezza è di poterle scagliar contro Loppin sulla geometria, nella quale principalmente la nostra virtuosa eccelle” (De Brosses, Viaggio in Italia, Laterza 1972, p. 62).
Loppin, citato da De Brosses come esperto di Geometria, era suo cugino di secondo grado, Germaine-Anne Loppin, che come lui era consigliere del Parlamento di Borgogna e ne fu Presidente, come de Brosses.
Dopo la lettera IX, datata sempre al 16 luglio e indirizzata a “Monsieur de Blancery”, che era il Segretario Capo degli Stati di Borgogna, dove De Brosses descrive il soggiorno a Milano e la gita alle Isole Borromee, è nella decima lettera, indirizzata il 17 luglio 1739 a “Monsieur le President Bouhier”, Presidente degli Stati di Borgogna, che De Brosses racconta la sua esperienza nel salotto di Casa Agnesi, che si trovava in un palazzo di Via Pantano, presso la basilica dei Santi Nazario e Celso.

Palazzo Biumi (poi Litta-Modignani) in Via Pantano a Milano,
ove risiedeva la famiglia Agnesi (particolare dall’opera di Pierre
Mortier, Nouveau théâtre d’Italie, Amsterdam 1704)(Archivio Crea)
Primo edificio a sinistra in alto sul lato obliquo dell’isolato a forma di
triangolo isoscele
Ascoltiamolo in questo brano che è una “cronaca dal vivo”: “Vi voglio informare, mio caro presidente, di una sorta di fenomeno letterario del quale sono stato or ora testimone e che mi è sembrato una cosa più stupenda del duomo di Milano; nello stesso tempo è mancato poco che non fossi colto alla sprovvista” (De Brosses, Viaggio in Italia, Laterza 1972, p. 71).
“Torno ora dalla casa della signora Agnesi, dove ieri vi avevo detto che dovevo andare [in realtà lo aveva scritto nella Lettera VIII a Neuilly]…”.
“Mi hanno fatto entrare in un salone grande e bello, dove c’erano trenta persone di tutte le nazioni d’Europa disposte in circolo, e la signorina Agnesi seduta da sola con la sorellina su un canapé. E’ una fanciulla tra i 18 e i 20 anni, né brutta né bella, con un’aria molto semplice e dolce”.



Maria Gaetana Agnesi (Ritratto di Anonimo)
(Milano, Museo del Teatro alla Scala)(da Wikipedia, s.v.
“Prima di tutto hanno portato molta acqua gelata, che mi parve un preludio di buon augurio. Andando lì, io mi aspettavo che si trattasse soltanto di una comune conversazione con la signorina; invece, il conte Belloni, che mi accompagnava, ha voluto fare una specie di pubblica esibizione; ha cominciato rivolgendo alla ragazza una bella arringa in latino, in modo da essere inteso da tutti”.
“Lei gli ha risposto benissimo; successivamente, si sono messi a discutere, sempre nella stessa lingua, sull’origine delle sorgenti e sulle cause del flusso e riflusso che si manifesta in alcune di esse come nel mare. La fanciulla parlò su questo argomento come un angelo; non ho mai udito nulla in proposito che mi piacesse di più”.
“Terminato questo episodio, il conte Belloni mi ha pregato di disputare allo stesso modo con lei su qualunque argomento mi piacesse, purché fosse un tema filosofico o matematico. Sono rimasto un po’ perplesso, vedendo che dovevo improvvisare un discorso e parlare per un’ora in una lingua che mi è così poco familiare”.
“Tuttavia, senza badar troppo al valore di quello che dicevo, le ho fatto un bel complimento; poi abbiamo discusso, dapprima sul modo con cui l’anima può essere colpita dagli oggetti fisici e comunicarli agli organi del cervello, e quindi sull’emanazione della luce e sui colori elementari”.
“Loppin ha dissertato con lei sulla trasparenza dei corpi e sulle proprietà di certe curve geometriche, di cui io non ho compreso nulla”.



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Frontespizio del trattato di Maria Gaetana Agnesi intitolato
“Propositiones philosophicae”, pubblicato a Milano nel 1738
“Le parlò in francese, ed ella chiese il permesso di rispondergli in latino, temendo che i termini / p. 72 / tecnici non le venissero facilmente in francese. Ha parlato a meraviglia su tutti questi argomenti, dei quali certamente non era preavvertita più di quanto lo fossimo noi”.
“E’ fanatica della filosofia di Newton, ed è cosa straordinaria vedere una persona della sua età intendere così profondamente temi tanto astratti. Ma, per quanto mi possa aver stupito la sua dottrina, più ancora mi stupì sentirla parlare latino (lingua della quale certamente non fa un uso continuo) con tanta purezza, facilità e correttezza, che posso dire di non aver mai letto un libro latino moderno scritto in uno stile così perfetto come i suoi discorsi”.
“Dopo che ebbe risposto a Loppin, ci alzammo, e la discussione si fece generale. Ogni persona le parlava nella lingua del suo paese, ed ella rispondeva a ciascuno nella stessa lingua. Mi disse che le dispiaceva molto che la visita aveva preso la forma di una discussione teorica; che a lei non piaceva affatto parlare di simili cose in mezzo a una compagnia dove, per uno che se ne appassiona, venti si annoiano, e che la cosa aveva senso soltanto se fatta tra due o tre persone con gli stessi gusti. Questo discorso mi parve almeno altrettanto sensato quanto i precedenti”. Mi dispiacque assai quando sentii dire che aveva intenzione di ritirarsi in un convento; e non per bisogno, perché è ricchissima”.
“Dopo la conversazione, la sorellina suonò al clavicembalo, quasi fosse lo stesso Rameau, brani di Rameau e altri composti da lei stessa, e cantò accompagnandosi da sé” (De Brosses, Viaggio in Italia, Laterza 1972, pp. 71-72).



Maria Teresa Agnesi Pinottini, compositrice clavicembalista
(Ritratto di Anonimo) (Milano, Museo del Teatro alla Scala)
(da Wikipedia, s.v.)